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“Mi spiace, provi a tornare tra un po’…”

Quando il Chirurgo Plastico si fa Psicologo. Quando si parla di chirurgia plastica, soprattutto nei media generalisti, si tende sempre ad estremizzare l’attitudine di molti chirurghi ad assecondare pedissequamente le richieste dei propri potenziali pazienti, anche le più bizzarre. La televisione e il web pullulano di immagini di chirurgia “dell’orrore” e di programmi che tra il serio e il faceto ridicolizzano o addirittura scherniscono pazienti che necessiterebbero in maniera palese di un supporto psicologico. Nell’immaginario collettivo sono scolpiti in maniera vivida i chirurghi della serie Nip/Tuck che, operando nell’ambiente patinato di Miami, erano soliti assecondare le richieste più strambe nel tentativo di silenziare il vuoto interiore dei propri pazienti con anestesia e bisturi. Naturalmente non tutti i chirurghi plastici ragionano allo stesso modo. Nel corso del primo incontro con un potenziale paziente, un chirurgo plastico deve vestire anche i panni dello psicologo e, anche se nella maggior parte dei casi le prime visite si svolgono in maniera soddisfacente e produttiva, non è raro che dalla conversazione che salta fuori, nasca la necessità di invitare il paziente a prendere del tempo e schiarirsi le idee circa l’intervento al quale ha deciso di sottoporsi e l’obiettivo estetico che ha scelto di perseguire. Andiamo a vedere alcuni casi piuttosto comuni nei quali il chirurgo può decidere di non operare: Difetti reali, obiettivi realistici Il primo campanello d’allarme per un chirurgo plastico consiste nello “scoprire” sei la persona che gli si para davanti è affetta da dismorfofobia, un tipo di fobia che porta a vedere come distorti alcuni tratti del proprio corpo; “Dottore non esco da 2 anni a causa del mio seno piccolo” oppure “In casa ho coperto tutti gli specchi pur di non vedere più il mio naso” sono frasi che devono accendere un campanello d’allarme, poiché in questi casi i disagi estetici sono soltanto manifestazione superficiale di un malessere molto più profondo che il chirurgo plastico non può e non deve trattare. Inoltre, proprio per l’origine psicologica del problema, il paziente tenderà a non essere soddisfatto dell’operato del chirurgo e la cosa potrebbe creare tensioni e incomprensioni. Lo stesso discorso vale per i pazienti che chiedono l’impossibile: “Voglio essere identico a Justin Bieber!” oppure “Vorrei perdere 50 kili con la liposuzione”(intervento al quale abbiamo dedicato più di un articolo) o ancora “Voglio passare dalla quinta all’ottava misura di reggiseno…” sono frasi tipiche di chi non ha ben chiaro procedimento e obiettivi dell’intervento che al quale vorrebbe sottoporsi. Naturalmente, tutti i pazienti che fissano un incontro con un Chirurgo plastico sono spinti da una insoddisfazione legata alla propria fisicità, ma un professionista esperto riesce a distinguere immediatamente una frustrazione sana e criteriata da una frustrazione di tipo patologico. Gli “altruisti” Anche chi si vuole sottoporre a un intervento di chirurgia plastica non facendolo per se stessa ma perché spinto da qualcun altro, come la moglie che con un lifting cerca di compiacere il marito e salvare il matrimonio in crisi, deve riflettere bene sulla propria decisione. Un intervento è impegnativo sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista psicologico e chi crede che un intervento sia sufficiente per migliorare la propria vita o per risolvere magicamente tutti i problemi, non ha un approccio equilibrato Minori, se non in casi eccezionali Infine, va evitata la chirurgia a fini puramente estetici sui minorenni. Oggi la legge italiana vieta le protesi al seno nelle giovani, ma il chirurgo deve saper dire no a tutti i ritocchi che un minorenne può avanzare, che non nascono da una necessità. Di solito si può decidere di trattare con otoplastica chirurgica le orecchie a sventola per i ragazzi o una eventuale gigantomastia patologica per le ragazze che, a causa di uno sviluppo eccessivo del seno, non riescono a svolgere le normali attività sportive e soffrono di mal di schiena. Un approccio etico a questo lavoro così bello e gratificante ma anche così delicato è l’unico che possa garantire da un lato tutela e serenità del chirurgo e dall’altro la soddisfazione del cliente.

Quando il Chirurgo Plastico si fa Psicologo.

Quando si parla di chirurgia plastica, soprattutto nei media generalisti, si tende sempre ad estremizzare l’attitudine di molti chirurghi ad assecondare pedissequamente le richieste dei propri potenziali pazienti, anche le più bizzarre.  La televisione e il web pullulano di immagini di chirurgia “dell’orrore” e di programmi che tra il serio e il faceto ridicolizzano o addirittura scherniscono pazienti che necessiterebbero in maniera palese di un supporto psicologico. Nell’immaginario collettivo sono scolpiti in maniera vivida i chirurghi della serie Nip/Tuck che, operando nell’ambiente patinato di Miami, erano soliti assecondare le richieste più strambe nel tentativo di silenziare il vuoto interiore dei propri pazienti con anestesia e bisturi.

Naturalmente non tutti i chirurghi plastici ragionano allo stesso modo.

Nel corso del primo incontro con un potenziale paziente, un chirurgo plastico deve vestire anche i panni dello psicologo e, anche se nella maggior parte dei casi le prime visite si svolgono in maniera soddisfacente e produttiva, non è raro che dalla conversazione che salta fuori, nasca la necessità di invitare il paziente a prendere del tempo e schiarirsi le idee circa l’intervento al quale ha deciso di sottoporsi e l’obiettivo estetico che ha scelto di perseguire.

Andiamo a vedere alcuni casi piuttosto comuni nei quali il chirurgo può decidere di non operare:

Difetti reali, obiettivi realistici

Il primo campanello d’allarme per un chirurgo plastico consiste nello “scoprire” sei la persona che gli si para davanti è affetta da dismorfofobia, un tipo di fobia che porta a vedere come distorti alcuni tratti del proprio corpo; “Dottore non esco da 2 anni a causa del mio seno piccolo” oppure “In casa ho coperto tutti gli specchi pur di non vedere più il mio naso” sono frasi che devono accendere un campanello d’allarme, poiché in questi casi i disagi estetici sono soltanto manifestazione superficiale di un malessere molto più profondo che il chirurgo plastico non può e non deve trattare.

Inoltre, proprio per l’origine psicologica del problema, il paziente tenderà a non essere soddisfatto dell’operato del chirurgo e la cosa potrebbe creare tensioni e incomprensioni.

Lo stesso discorso vale per i pazienti che chiedono l’impossibile: “Voglio essere identico a Justin Bieber!” oppure “Vorrei perdere 50 kili con la liposuzione”(intervento al quale abbiamo dedicato più di un articolo) o ancora “Voglio passare dalla quinta all’ottava misura di reggiseno…” sono frasi tipiche di chi non ha ben chiaro procedimento e obiettivi dell’intervento che al quale vorrebbe sottoporsi.

Naturalmente, tutti i pazienti che fissano un incontro con un Chirurgo plastico sono spinti da una insoddisfazione legata alla propria fisicità, ma un professionista esperto riesce a distinguere immediatamente una frustrazione sana e criteriata da una frustrazione di tipo patologico.

Gli “altruisti”

Anche chi si vuole sottoporre a un intervento di chirurgia plastica non facendolo per se stessa ma perché spinto da qualcun altro, come la moglie che con un lifting cerca di compiacere il marito e salvare il matrimonio in crisi, deve riflettere bene sulla propria decisione.

Un intervento è impegnativo sia dal punto di vista fisico che dal punto di vista psicologico e chi crede che un intervento sia sufficiente per migliorare la propria vita o per risolvere magicamente tutti i problemi, non ha un approccio equilibrato

Minori, se non in casi eccezionali

Infine, va evitata la chirurgia a fini puramente estetici sui minorenni. Oggi la legge italiana vieta le protesi al seno nelle giovani, ma il chirurgo deve saper dire no a tutti i ritocchi che un minorenne può avanzare, che non nascono da una necessità.

Di solito si può decidere di trattare con otoplastica chirurgica le orecchie a sventola per i ragazzi o una eventuale gigantomastia patologica per le ragazze che, a causa di uno sviluppo eccessivo del seno, non riescono a svolgere le normali attività sportive e soffrono di mal di schiena.



Un approccio etico a questo lavoro così bello e gratificante ma anche così delicato è l’unico che possa garantire da un lato tutela e serenità del chirurgo e dall’altro la soddisfazione del cliente.

Pubblicato il 24 settembre 2018

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